martedì 15 febbraio 2011

‘Ndrangheta, la Metastasi del Nord

recensione per Chiarelettere Editore


“Metastasi” di Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli (Chiarelettere, 2010, Euro 14.6) è soprattutto un racconto dettagliato del potere della ‘Ndrangheta. Non a Reggio, Cosenza o Gioia Tauro, ma a Milano e province limitrofe. Infatti, se è vero che le ‘ndrine nascono in Calabria, nel libro troviamo anche racconti di questo tipo: “..legammo un ragioniere di Valmadrera (Lecco..) al ponte sul Lago a testa in giù, con una corda ai piedi, calandolo su e giù nell’acqua finchè non ce la fece più. Doveva cedere dei palazzi di sua proprietà e l’ordine era di spaventarlo. Poverino, l’abbiamo lasciato in mutande.”

A parlare è Giuseppe Di Bella, uno dei pochissimi pentiti di ‘Ndrangheta, che decide di vuotare il sacco e raccontare retroscena e verità inediti della sua carriera criminale nel lecchese, dall’interno del clan di Franco Coco Trovato.  Un’organizzazione da 1500 affiliati nella ricca Lombardia, operante nei settori più vari, dalla droga al traffico d’armi, dai sequestri di persona agli investimenti commerciali per miliardi. Per arrivare agli immancabili rapporti con la politica.
Di Bella racconta di essere stato testimone oculare di un incontro, nel marzo del 1990, tra Franco Coco e il futuro ministro Gamma, politico di Lecco della Lega Nord. Affiancati da una donna bionda, i due discutono e si scambiano pacche sulle spalle appoggiati alla Ferrari del boss, parcheggiata nello spiazzale di una scuola. Gamma, oltre che una lettera dell’alfabeto greco è uno pseudonimo utile a coprire l’identità di una persona che potrebbe presto essere coinvolta in indagini della magistratura. Subito però, si è fatto il nome di Castelli, politico di Lecco, leghista e futuro ministro. Il pentito racconta che dopo questo incontro, il boss imporrà agli ‘ndranghetisti di votare Castelli (Gamma..) alle Regionali e poi alle Politiche, spingendolo a diventare prima deputato e poi senatore. La ‘ndrangheta aveva scelto il suo cavallo e aveva puntato tutto su di lui. A prescindere dalla necessaria verifica giudiziaria, il racconto dei rapporti tra ‘ndrangheta e politica al nord, non si ferma a Gamma.
Emerge una preoccupante e imponente presenza  del voto di scambio a Bordighera, Olginate, Lecco, Trezzano sul Naviglio, Cisano Bergamasco. Concessioni edilizie, appalti e pratiche per l’avviamento d’imprese affidate a tempi di record ail clan dei Trovato (chissà se fischieranno le orecchie al Veltroni del 2008, “ 1 impresa in 1 giorno”).
“.. La Ndrangheta fa politica, sceglie e propone gli uomini da candidare e poi si impegna a sostenerli; i clan sono attivi, mentre i politici sono passivi e subiscono le scelte della Santa, in cambio di decisioni che non la toccano minimamente”, continua Di Bella.
Attraverso il racconto di queste probabili collusioni e della clamorosa vicenda di Gianni Versace, il libro si è guadagnato le luci dei riflettori con un servizio di Striscia la Notizia e una puntata di Annozero. Dicevamo appunto di Gianni Versace.
Lo stilista viene ucciso il 15 Luglio 1997. A Dicembre 1997, Di Bella racconta che lui e un amico ricevono l’ordine di trafugare le ceneri dello stilista dal cimitero, in cambio di  un miliardo di Lire. Il pentito racconta che Versace non è stato ucciso, che a Luglio si trovava a Zurigo e l’omicidio fu una messinscena per salvarlo da guai finanziari, debiti e rivelazioni dei rapporti con boss come Franco Coco, o i De Stefano. “Ce l’avevano nelle mani” dice Di Bella, perché gli fornivano droga e quadri in cambio di investimenti nell’azienda, utili al riciclaggio del denaro sporco.  Agli atti risulta infatti nel 1996 un’assoluzione per indagini del Fisco sul gruppo e che i Versace ottennero ben 40 miliardi dalla polizza sulla vita, dopo la morte di Gianni. Santo Versace, il fratello dello stilista, ha rigettato ogni parte di questa ricostruzione. Ma questo è quello che racconta Di Bella. E a questo punto, a qualcuno sarà venuto da chiedersi: ma perché Di Bella parla? Perché lo fa proprio ora? Perché attraverso due cronisti e non con i magistrati?
In sei mesi il cancro si è portato via la moglie di Pippo Di Bella. Il pentito, assieme a Filippo Barreca, con le sue rivelazioni alla magistratura ha già fatto arrestare molte persone. Con il libro, vuole soltanto far comprendere al grande pubblico la pericolosità di questa organizzazione.
Dalla bocca di questo uomo in fuga dal suo passato e rimasto solo con un figlio, strappato alla realtà alla quale cerca di affezionarsi ad ogni trasferimento forzato del padre, escono queste parole:  “..Io al 99% verrò ucciso, ecco perché esco allo scoperto anche con voi. La ‘ndrangheta non si lascia, dalla famiglia si esce solo con i piedi davanti. Se oggi parlo è perché è morta mia moglie Federica di cancro. Ho deciso. Lo devo a mia moglie e a mio figlio. Siete pronti? Devo capire se siete uomini d’onore, oppure dite si e poi mi scaricate o non scrivete nulla”.
L’invito ai due cronisti, alla compartecipazione del suo dolore e della sua svolta, non è casuale. Giuseppe Di Bella è ormai un uomo solo, che vive con i 1200 euro mensili dello Stato in un monolocale da 40 mq. Il pentito non sembra chiedere alcuna compassione o forma di assoluzione per aver scelto coscientemente di macchiarsi di reati gravissimi; tuttavia, un rispetto necessario per chi ha deciso di autoaccusarsi anche di vicende sconosciute (vedi trafugamento ceneri Versace). Vicende che la ‘ndrangheta non dimentica.
Soprattutto perché non è un’organizzazione come le altre. I suoi pentiti si contano sulle dita di una mano, così pochi che è difficile dimenticarli. Il pentimento avviene così raramente, perché la ‘Ndrangheta tesse e intreccia rapporti familiari tra i suoi affiliati (la figlia di un boss sposa il figlio di un altro Capobastone), rendendo difficile un pentimento contro familiari stretti.
Di Bella era un siciliano “esterno” all’organizzazione, non battezzato e senza rapporti di sangue o parentele. Perciò riesce a “smarcarsi” più agevolmente, raccontando ad esempio che “..un picciotto non battezzato prende 5-6 mila euro al mese. Uno battezzato 10 mila. Un capobastone anche 20 mila. Poi ci sono i lavoretti e se finisci dentro, la ‘Ndrangheta mantiene tutta la tua famiglia.”..
Di Bella è un “esterno”, ha seguito il consiglio del padre che non ha voluto venisse “battezzato”; ma sa raccontare comunque il rito: “… per il battesimo vieni convocato in un posto “sacro” e ti viene consegnata un’immaginetta. Serve per farti rinnegare te stesso e la tua famiglia. Quando accetti, fai giuramento di rispettare anche l’ordine di uccidere tua madre.” A Milano come a Reggio, nell’organizzazione tutto resta uguale a sé stesso e si riproduce fedelmente.
I contatti tra le lontane realtà sono così stretti, che a Milano si fa ciò che ordinano da Reggio e si prendono insieme alcune decisioni. E’ stato provato che gli esecutori materiali condannati per l’omicidio dell’assessore regionale calabrese del PD Fortugno, sono saliti più volte a Milano per consultazioni,  prima di compiere l’omicidio.
Che il Nord sia terra di conquista delle ‘ndrine, lo dimostra anche il dato che dal 1970 al 1991, dei 570 sequestri effettuati in Italia circa 200 sono della ‘Ndrangheta, la maggior parte al Nord, con 30 morti ammazzati o spariti.
Con il riscatto si comprano pale e ruspe, utili a creare imprese edili che si aggiudichino appalti milionari. A Bovalino (Reggio C.) c’è un quartiere chiamato Paul Getty, tristemente intitolato al nipote del manager americano Getty, sequestrato e il cui riscatto venne poi impiegato nella costruzione di questa opera edilizia. Per lavorare nell’edilizia come in altri settori, i clan hanno bisogno di manovalanza. Per questo motivo, i clan hanno scoperto il mercato globale, la manodopera a basso costo.
La ‘Ndrangheta si serve di manovalanza cinese o slava, cui viene ceduta la gestione pratica di attività commerciali ricollegabili a boss come Franco Coco e famiglia. I cinesi si occupano di problematiche con debitori, creditori, fornitori (livello commerciale), i clan della gestione finanziaria degli utili da reinvestire come meglio credono.
Spesso pizzerie, panifici, bar del milanese si occupano nei retrobottega di stoccaggio, taglio e smistamento di grosse partite di droga, pericolose da gestire in discoteche o night a più forte rischio di controlli. Sono spesso dei “paravento” legali, ad attività illecite e nascoste.
Il pentito racconta anche del traffico d’armi, della ‘Ndrangheta che acquista pistole della Resistenza da un partigiano, per rivenderle agli slavi. Oppure dei picciotti che passano il confine svizzero, si riforniscono da fidati armieri di Beretta da 500 euro, pagandole 200 euro, e d’accordo con questi simulano un furto per intascare i soldi dell’assicurazione sulle armi già vendute “in nero”.
Nuzzi, assieme ad Antonelli, dimostrano una padronanza assoluta dei fatti, una capacità di discernimento e di lucida analisi delle rivelazioni del pentito Di Bella. Non manca un po’ di pathos e qualche concessione al thriller, in genere nel racconto di scenari segreti e inusuali degli incontri con Pippo Di Bella (i due cronisti restano chiusi fuori dal balcone di casa del pentito; si incontrano con Di Bella e il figlio in bar e piazzali di centri commerciali deserti). Metastasi è un libro importante, da leggere per comprendere la pericolosità di un’organizzazione finora colpevolmente sottovaluta.



Nessun commento:

Posta un commento

Eccoci qui, ora sentiamo cosa hai da dire.
Hai qualche segnalazione o riflessione esterna all'argomento dell'articolo? No problem, libertà e rispetto. Non pubblico però offese (se non divertenti o estreme), insulti e minacce (che mi riservo di segnalare all'autorità giudiziaria). Ah, i commenti sono da me moderati.
Insomma cerca di fare del tuo peggio, mi raccomando.