domenica 28 dicembre 2008

Garantismi

Giudicare per credere. Dopo le inchieste di Firenze e Napoli che hanno coinvolto le giunte amministrative del PD a vari livelli, si sono susseguite le dichiarazioni dei politici di varia estrazione.
Al solito Berlusconi prontamente sostenuto dai cortigiani di turno, si è unito un coro di no contro lo straripante potere (a loro dire) della magistratura sulla politica, troppo pulita ed impegnata a dare ottimi esempi di (s)perequazione del denaro pubblico per essere anche lei sotto giurisdizione come i comuni cittadini.
Se da un pluri-inquisito e pluri-imputato (a volte assolto, a volte prescritto, a volte condannato) Berlusconi ci si potesse aspettare un (a dir poco) interessato appello al “garantismo” per le vicende giudiziarie del PD, la sorpresa poteva venire dall’unione al coro contro la magistratura da parte del partito di Veltroni.
Attesa prontamente smentita dalle dichiarazioni del segretario del PD, il quale ha gridato allo scandalo dopo la scarcerazione dell’ex-sindaco di Pescara D’Alfonso.
Unica voce fuori dal coro l’Italia dei Valori con Di Pietro che, coinvolto in famiglia (vedi figlio) nell’inchiesta di Napoli, ha subito chiesto alla magistratura di fare il suo corso e a suo figlio di scusarsi (oltre che naturalmente di render conto di fronte alla legge) per un comportamento peraltro probabilmente irrilevante in termini di reato.
Naturalmente ci troviamo di fronte a situazioni giudiziarie diverse tra loro (atavico rapporto Berlusconi-giustizia e poi i casi Pescara,Firenze,Napoli e Basilicata interni al PD), passate in giudicato e non, spesso ancora a livello d’inchiesta e quindi men che meno passibili di giudizio preventivo.
La vicenda di Pescara infatti, mette in luce come i capi di imputazione al sindaco permangano e si aggravino in taluni casi tanto da giustificare il provvedimento detentivo nei confronti di D’Alfonso.
La scarcerazione dopo nove giorni arriva solo dopo le dimissioni del sindaco e quindi, dopo l’accertata impossibilità dello stesso di occultare le prove a suo carico (vedi ordinanza).
Non c’è nessuno scandalo, è il corso normale della giustizia.
Pescara rappresenta l’ennesima occasione persa dal PD per prendere in modo netto le distanze dalle posizioni di Berlusconi sulla giustizia rimaste immutate negli anni.
Veltroni avrebbe potuto benissimo chiedere alla magistratura di fare il suo corso guadagnando certamente punti in credibilità, senza peraltro fare qualcosa di fantascientifico dato che la magistratura farà quel che deve a prescindere dalle dichiarazioni di questo o quel politico.
Sarebbe bastato prendere spunto dal vituperato Prodi, che colpito da un inconsistente caso-intercettazioni estratto dal cilindro degli house-organ del Presidente del Consiglio (Panorama, Il Giornale), chiese immediatamente di pubblicare tutto e di far luce sulla vicenda senza chiudersi a riccio, peraltro inutilmente.
Invece, come in occasione della revoca dell’ autorizzazione a procedere all’uso delle intercettazioni che riguardavano Massimo D’Alema nell’ inchiesta dei cosiddetti “furbetti del quartierino”, anche oggi il PD rinuncia a fare luce sulle inchieste che lo riguardano trincerandosi dietro scudi immunitari.
Come si dice, tutti per uno, uno per tutti!

lunedì 1 dicembre 2008

Quell’illustre sconosciuto


All’interno del decreto (l’ennesimo) anti-crisi, è emersa una norma già ribattezzata anti-pay tv, cioè contro le tv a pagamento, cioè contro l’unica tv a pagamento satellitare che esiste in Italia, cioè contro Sky.
La norma prevede il ripristino dell’ IVA sugli abbonamenti alle tv satellitari sul valore del 20 %, mentre fino ad oggi e dal 1995 era stata fissata sul 10 % per agevolare il mercato delle pay-tv allora sottosviluppato.
Al contrario oggi Sky conta su 4,6 milioni di abbonati (quindi su almeno 10 milioni di telespettatori reali) e si potrebbe sostenere che a obiettivo raggiunto (estensione del mercato), sarebbe opportuno equiparare l’IVA sugli abbonamenti di nuovo sul 20% come avviene sulla maggioranza dei prodotti italiani da vendita.
Si potrebbe dicevo, ma se ne può fare anche a meno visto l’argomento tanto ozioso quanto vicino (e non lontano) dagli interessi degli italiani.
L’aumento dell’IVA infatti, toccherebbe direttamente il portafogli degli abbonati per circa 50 euro annuali in più di abbonamento pari a 4 euro mensili di sovraccarico.
Si dirà, pochi, quasi nulla. E invece no.
In tempi di crisi conta tutto e invece di aumentare il carico fiscale, sarebbe opportuno che il governo desse più soldi alle famiglie (come peraltro sta facendo, in parte).
Ricordo che questo era il governo del “meno tasse sugli italiani”.
Era il governo che rompeva la politica economica “lacrime e sangue” dei ben noti vampiri Prodi e Visco.
Ora ricordiamocelo, questo è lo stesso governo che aumenta le tasse a circa 5 milioni di persone.
Tra questi 5 milioni ci saranno anche gli esponenti del PD. E’ l’unica spiegazione plausibile per giustificare la levata di scudi successiva all’approvazione della norma anti-Sky. Norma che è riuscita a far resuscitare un anacronistico quanto attuale residuo precedente alla "stagione del dialogo”: il conflitto d’interessi.
I maligni hanno subito pensato al solito Berlusconi che vuole danneggiare la concorrenza di Mediaset per favorire il suo tornaconto personale.
Ai maligni il Presidente del Consiglio ha subito risposto che la norma danneggia anche Mediaset, che ha una sua quota nel mercato televisivo satellitare. Peccato che il 92 % di questo mercato appartenga a Sky e solo il 5 % a R.T.I. (società che controlla Mediaset). Peccato, che per ogni abbonato Mediaset che viene sovratassato, subiscano lo stesso trattamento 20 abbonati Sky. Diciamo pure che il danno non è uguale.
Inoltre, tornando al compianto conflitto d’interessi, si potrebbe anche pensare ad un provvedimento sensato del Governo che in tempi di crisi elimina un privilegio quando non ne sussiste più la necessità.
Ma se il provvedimento viene emanato da un signore che oltre ad essere Presidente del Consiglio possiede anche 3 TV, e queste sono le dirette concorrenti in campo commerciale del danneggiato (Sky), è lecito pensare che non siamo di fronte all’abbattimento di un privilegio, bensì ad un favore reso sottobanco ad un’azienda di famiglia.
Tutto questo dopo che sotto il precedente governo Berlusconi , si era avviato il progetto del Digitale Terrestre con lo Stato che invogliava i cittadini a comprare i decoder auto-prodotti nel garage di famiglia dal fratello del Presidente.
Concludendo, se non fosse per l’evidente conflitto d’interessi, la vicenda si sarebbe risolta senza polemiche inutili perché in linea teorica sarebbe stato giusto eliminare un privilegio istituito 13 anni fa in nome di un mercato sottosviluppato allora, e molto florido oggi.
Tuttavia l’anomalia tutta italiana di un Presidente del Consiglio proprietario di televisioni, banche, assicurazioni, società di calcio, società cinematografiche, case editrici, giornali, società per l’edilizia e chi più ne ha più ne metta, viene tirata in ballo un giorno si e l’altro pure non per l’antiberlusconismo dei comunisti cattivi-mangiabambini, ma perché il signore in questione sta dappertutto e giocoforza ogni tanto si trova ad essere coinvolto contemporaneamente in due settori diversi (Politica-Televisioni).
Quest’anomalia tutta italiana si chiama conflitto d’interessi e chiudendo gli do in benvenuto per essere tornato tra noi.

martedì 11 novembre 2008

Obama dè noantri


Subito dopo le elezioni americane (ma anche prima) è partita la corsa a chi assomiglia di più a Barack Obama. Chi gli è più amico? Chi ne condivide di più progetti e idee? Chi più gli assomiglia per gli slogan, per i modi di fare? Un precursore degli obamisti è stato sicuramente Walter Veltroni.
Lo scorso aprile in piena campagna elettorale, si affannava a ripetere lo slogan dell’americano, “Yes, we can” e come controcanto, giusto per essere bipartisan, neanche nominava il nome “del principale esponente dello schieramento a noi avverso”.
Allora Obama era ancora impegnato contro Hillary Clinton nelle primarie per l’elezione del candidato democratico alla presidenza; allora come oggi, visti i risultati italiani, Obama si sarà reso sicuramente protagonista di chissà quali scongiuri e avrà pregato Veltroni, se possibile, di evitare paragoni futuri. Paragoni appunto, che hanno la consistenza di un castello di sabbia.
Tanto per cominciare, Obama ha nominato eccome sia il “principale esponente dello schieramento a lui avverso”, sia il nome dell’attuale Presidente.
Ha fatto nomi e cognomi del principale colpevole della situazione economica e estera degli U.S.A. (George W. Bush) e ha nominato eccome il candidato repubblicano John McCain. Lo ha fatto proprio per marcare le differenze abissali tra le politiche degli stessi e i suoi progetti futuri. Lo ha fatto per sancire una netta linea di demarcazione tra il vecchio e il nuovo, tra la continuità repubblicana di McCain e la discontinuità democratica da lui rappresentata.
Insomma, ha inchiodato Bush alle proprie responsabilità e ha evidenziato le proprie differenze con McCain. E’ riuscito a rappresentare la vera alternativa a quel tipo di politica, la gente ha capito e lo ha votato.
Per esempio, Obama vuole allargare la prestazione sanitaria di base a tutti i cittadini, mentre finora è stata un lusso per pochi e non un diritto per tutti.
Per esempio, Obama vuole dare libero accesso alle università a tutti coloro che se lo meritano e non solo a coloro che possono permetterselo, economicamente parlando; vuole fare ciò attraverso una riduzione delle tasse universitarie ormai altissime.
Per esempio, Obama vuole invertire i dati occupazionali attuali (negli U.S.A. la disoccupazione è arrivata al 6.5 %) e riportare le retribuzioni a livelli più alti: vuole farlo reintroducendo il salario minimo garantito.
Per esempio vuole tassare maggiormente il Captail Gain (rendite finanziarie) frutto di speculazioni borsistiche e redistribuire questo plusvalore tagliando le tasse a cittadini meno abbienti (la maggioranza, la gente comune), piccole imprese e case automobilistiche (in forte crisi, anche se è lecito chiedersi se si è arrivati o si arriverà a breve, ad una saturazione del mercato automobilistico).
Per esempio, ha fatto finanziare la sua campagna elettorale alla gente comune che ha donato 5-10-20 $ dal suo sito internet, al contrario di McCain che come tutti gli altri candidati del passato ha alle sue spalle i finanziamenti delle grandi multinazionali americane; ciò vuol dire avere le mani libere per prendere le proprie decisioni senza dover avere come principali referenti gli “sponsor” americani. Sono nette quindi, le differenze tra gli ex-candidati americani.
Per esempio, in Italia non si può dire lo stesso.
Veltroni e Berlusconi dicevano quasi le stesse cose in campagna elettorale con la sola differenza che Veltroni aveva da smaltire l’eredità dell’armata brancaleone del governo Prodi, mentre Berlusconi non faceva altro che evidenziare i litigi che avevano fatto cadere il governo e parlare dell’incremento delle tasse, effettivamente avvenuto seppur per cause indipendenti da quel governo. Insomma, Berlusconi aveva il vento in poppa e Veltroni soffiava a favore.
Ecco, un po’ come se Obama non avesse neanche nominato “il principale esponente dello schieramento a lui avverso”…

venerdì 7 novembre 2008

Qui niente è impossibile


Il 4 novembre 2008 è una data che passerà alla storia.
Non è retorica , ma è la semplice constatazione che è avvenuto un cambiamento storico.
Non è possibile fare a meno di notare che con l’elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d’America si è abbattuto uno degli storici tabù sociali, quello razziale: essendo infatti il primo Presidente nero della storia, è essenziale marcare il segno sul colore della pelle essendo la prima volta che avviene ciò. Quando si ripeterà con una certa regolarità, allora si potrà fare anche a meno di mettere l’accento sul fattore razziale. Per ora no, bisogna farlo.
Come detto quindi, proprio il motivo razziale deve aver spinto buona parte degli elettori a votare per lui.
Una sorta di riscatto collettivo per una comunità, quella dei neri d’America, da sempre bistrattata e solo da qualche decennio al centro della vita sociale. Obama ha saputo incarnare il diffuso risentimento di quella parte della società americana che arrivò sul suolo statunitense 400 anni fa incatenata come bestie.
Come ricordava ieri Vittorio Zucconi, editorialista di Repubblica, Obama diventerà il padrone di casa di quella Casa Bianca costruita 200 anni fa dai suoi antenati neri per accogliere intere generazioni di presidenti bianchi. Ora no, ora le cose sono cambiate. Sarà un Presidente nero ad accogliere Capi di Stato e delegati di paesi stranieri per decidere assieme le decisioni sul futuro del mondo.
Accanto al motivo razziale vi è senz’altro la crisi finanziaria ad aver accelerato l’ascesa di Obama.
Il nuovo Presidente ha saputo incarnare il sentimento diffuso nella maggior parte dei cittadini americani di odio e riscatto verso l’elite finanziaria, i grandi manager delle grandi banche arrichitesi a dismisura sulle spalle dei lavoratori dipendenti sempre più sull’orlo del baratro.
Le proposte di Obama sono fortemente mirate a tracciare un filo di discontinuità con le politiche di Bush.
Politiche che hanno portato buona parte dei cittadini americani a perdere il posto di lavoro e a non riuscire a pagare più le rate dei mutui salite ben al di sopra delle loro possibilità economiche ma, ad avere la possibilità di poter possedere ognuno un’arma propria, perché a costo di questa libertà l’americano medio è disposto a pagare qualsiasi prezzo.
Affianco a tutto ciò, manager con stipendi sempre più alti frutto di speculazioni senza freni in Borsa, derivanti dalle politiche di “deregulation”, del mercato lasciato libero di autoregolamentarsi mentre si allargava a dismisura la forbice di ricchezza tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.
Una crisi questa, che si sta allargando a macchia d’olio anche in Europa e anche all’economia “reale”, che non riguarda più solo quella “virtuale” in Borsa. Perché se le aziende quotate perdono denaro investito a “vuoto”, poi sono costrette a ripescare quel denaro perso tagliando stipendi, posti di lavoro. E se aumenta la disoccupazione si riducono i consumi perché la gente non ha più soldi da spendere, diminuisce la domanda e quindi la produzione e l’economia dei paesi non cresce.
Questa è la più grande sfida del nuovo Presidente. Far ripartire l’economia e ridare il “sogno” agli americani.
Il “sogno” di poter sempre sperare di realizzare qualcosa di importante partendo da zero e puntando solo ed esclusivamente sulle proprie capacità, come è scritto sulla biografia di Obama, cresciuto senza genitori, ma capace di laurearsi sfruttando tutte le possibilità che un grande paese come l’America offre a chi ha voglia di fare.
Un altro grande “uomo del fare” italiano, che va in giro fregiandosi di parlare a nome di tutti gli italiani ha accolto l’elezione di Obama con un bel “complimento”: “ E’ giovane, bello e abbronzato ”.
Bene, io non mi sento rappresentato da una persona che dice queste cose ed è l’immagine italiana nel mondo. Io non penso queste cose e non le pensano almeno altri 1200 italiani.
Un altro affiliato al club italiano “del fare” ha pensato bene di non smentire, né scusarsi dopo aver detto che “Al Queda sarà più contenta se Obama verrà eletto”, soltanto perché McCain rappresenterebbe meglio l’ideale di un Presidente-poliziotto, essendo stato soldato in Vietnam, capace di combattere efficacemente il terrorismo.
Non credo ci sia bisogno di commentare tali affermazioni anzi voglio porre l’accento davvero sul personaggio McCain. Dopo la sconfitta elettorale ha ribadito di fronte ai suoi stessi elettori e alla Nazione intera che “Obama è stato più bravo di me. Obama è il mio Presidente, il presidente di tutti”.
Questa è la vera immagine dell’uomo McCain, non quella distorta data da qualche rappresentante del club sopracitato. Club che si affanna a dire in queste ore che bisogna aspettare Obama al varco, vederlo di fronte alle prime difficoltà, che deve mantenere le promesse fatte.
Lui (Obama) dice che nulla è impossibile. Che tutto si può fare. Yes, we can.

martedì 4 novembre 2008

A volte ritornano ...


“Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d' autore. La giustizia, la tv, l' ordine pubblico. Ho scritto tutto trent' anni fa.”
(REPUBBLICA – AREZZO, 28 SETT 1993)

“Sul Piano di rinascita democratica l'unico che può andare avanti é Berlusconi”.
(ANSA - FIRENZE, 31 OTT 2008)

Parole e musica firmate Licio Gelli.
Passano gli anni ma resistono piani di rinascita, venerabili maestri, poteri più o meno occulti.
Ho sempre avuto la curiosità di capire cosa fosse la P2 e quali fossero gli obiettivi che si proponeva di raggiungere. Ho colto l’occasione di leggere il Piano di Rinascita Democratica in questi giorni durante i quali ha destato clamore l’arrivo in prima serata tv di Licio Gelli.
Ancor più clamorose sono state le dichiarazioni che il Venerabile Maestro ha fatto circa l’attuazione del Piano di Rinascita Democratica e il collegamento con l’attuale governo.
L’obiettivo primario della Loggia segreta Pubblicità 2 era di costituire un club formato da 30-40 persone con le mani in pasta su vari livelli della vita italiana ma, soltanto i migliori nel loro campo (imprenditori,politici,magistrati, operatori finanziari, amministratori pubblici), con ognuno capace di ”dettare legge” all’interno del proprio settore.
Il piano era Democratico perché non voleva in alcun modo che accadesse un rovesciamento del potere istituzionale a mo di golpe ma, prevedeva lo svuotamento dall’interno della democrazia attraverso l’affiliazione al club di soggetti sempre più influenti sul panorama nazionale per arrivare infine (attraverso una catalogazione dettagliata di obiettivi a breve, medio e lungo termine) a governare il paese. Tutto ciò in modo tale da perpetuare, quantomeno, l’influenza dei componenti del club nell’elite del Paese, lasciando il sistema di potere sempre nelle stesse mani.
Tutto in linea con la legge, tutto in modo occulto senza alcun colpo di Stato.
Tutto attraverso una sottile ragnatela fittissima partendo dal mondo politico, passando per stampa e sindacati con fine ultimo il consenso dei cittadini.
La cosa sconcertante è che i punti da attuare contenuti nel Piano sembrano specchiarsi nell’agenda politica dell’attuale governo, per stessa ammissione dell’ottimo Gelli .
Quindi scrivo sconcertante e non sorprendente, vista l’attualità delle esternazioni riportate sopra.
La loggia si proponeva di selezionare esponenti del campo politico e distribuirli in tutti gli schieramenti di destra e sinistra per controllare l’intero panorama politico: accanto ai “politici scelti” dovevano esserci i “giornalisti scelti”, mezzo di propaganda e dichiarati simpatizzanti dei primi, utili se non altro a costruirgli un’ immagine ottima.
Riguardo i sindacati bisognava cercare di marcare le divisioni e i contrasti fra le opposte fazioni interne in modo da scatenare lotte intestine che avrebbero portato prima o poi allo scioglimento o alla perdita di credibilità degli stessi dinanzi ai lavoratori.
Ma è proprio riguardo la “rinascita politica” che il piano presenta degli aspetti molto attuali: infatti qualora un componente della loggia fosse riuscito ad essere eletto a capo del governo, il piano si sarebbe semplificato enormemente perché l’obiettivo di lungo termine (il consenso dei cittadini) sarebbe stato raggiunto senza la stesura dell’articolata tela di rapporti di cui sopra.
E’ noto come il Presidente Berlusconi fosse all’interno della loggia, possedendo la tessera P2 numero 1816. Che bella accelerata che ha subito il piano eh! Seppur con 30 anni di differita, ma ci siamo ormai!
Infatti: per i magistrati si proponeva (e si sta proponendo) di introdurre esami psico-attitudinali per l’accesso alla professione oltre che la responsabilità civile (per colpa) di coloro che avrebbero sbagliato.
Riguardo la Pubblica Amministrazione si proponeva (e si sta proponendo) di pagare parte delle pensioni dei dipendenti statali (la P2 era più drastica, il provvedimento riguardava gli stipendi) in buoni statali (BOT) quotati al 9% e non commerciabili per 2 anni.
Riguardo la stampa si proponeva (oggi, sembra quasi anacronistico ripeterlo) di acquisire mezzi di informazione dominanti nel paese (L’Espresso, Panorama) e creare una tv via cavo (Canale 5 nacque così e sappiamo a chi è in mano da sempre) per soggiogare l’opinione pubblica sotto le proprie idee di restaurazione e mantenimento del potere.
Riguardo le norme della Giustizia si proponeva (e si propone or ora) la separazione delle carriere tra P.M. (che indaga) e Giudice (che decide in base agli atti da lui stesso raccolti, in veste di P.M., o consegnatigli da terzi); la responsabilità del Ministro della Giustizia sull’operato del P.M. (pensate se Alfano fosse responsabile e controllore del pool di Milano: credete che le indagini sinora svolte su Berlusconi si sarebbero compiute ugualmente, con il P.M. e i giudici morsi alle caviglie dal Ministro ad personam?); infine, la riforma del C.S.M. direttamente controllato e responsabile di fronte al Parlamento (risultato: cancellazione totale dell'autonomia della Magistratura con conseguente unione e commistione tra potere legislativo e potere giudiziario, insomma roba da terzo mondo).
L’attualità dei temi e delle proposte è palese tanto da dover ammettere che le affermazioni di Gelli non possono essere campate per aria, bensì sono fatte con cognizione di causa.
Ecco perché sostenere che la P2 oggi è al Governo non è poi così azzardato se guardiamo nel merito delle cose.

giovedì 11 settembre 2008

Saldi di fine estate


Oggi giovedi 11 settembre scade l’ultimatum del Governo ai sindacati per accettare il piano di salvataggio di Alitalia in merito all’offerta presentata dai 16 imprenditori italiani uniti sotto la sigla C.A.I. (Compagnia Aeroportuale Italiana).
Si sa già che il Governo e i magnifici 16 possono fare a meno dell’accordo e proseguire nell’attuazione del piano congiunto per rilevare la vecchia Alitalia.
Il piano denominato Fenice (dal nome del mitico animale dell’antichità che una volta morto era capace di resuscitare dalle proprie ceneri ripetendo il meccanismo all’infinito) prevede la suddivisione della vecchia compagnia in due società: la Bad Company, brutta, sudicia, fallita e piena di debiti e la Good Company, affascinante, scattante, conveniente e a prezzo di saldo.
Naturalmente la Good Company è pronta ed impacchettata destinata ai 16 valorosi salvatori della Patria mentre la Bad Company è già sul groppone dello Stato assieme ai suoi debiti regressi derivanti dalla vecchia Alitalia. Questo processo di divisione della vecchia compagnia attesta la socializzazione delle perdite (addebitati nella loro totalità allo Stato) e la privatizzazione dei profitti (accreditati fin d’ora alla nuova C.A.I.).
Qui sorge un dubbio: ma non era questo il Governo della decentralizzazione di potere dallo Stato verso regioni e sindaci (federalismo)? Eppure questo è sempre lo stesso Governo, che fa dell’interventismo dello Stato e dell’assistenzialismo verso aziende private il suo modus operandi.
Questo è quanto ci troviamo ora di fronte e la causa principale è un vezzo tanto elettorale quanto propagandistico: Berlusconi in persona in campagna elettorale, pur di non avallare la proposta del precedente Governo di accettare l’offerta di Air France, profetizzò la discesa in campo di una cordata tutta italiana pronta a salvare l’Alitalia. Ora, a distanza di due-tre mesi si è trovato a dover mantenere la promessa e pur di riuscire nell’intento ha stravolto le regole di mercato infischiandosene, inoltre, dei lavoratori in esubero che nel frattempo nel nuovo piano industriale sono cresciuti di numero.
Dicevo di Air France-KLM, il colosso franco-europeo del trasporto aereo che a marzo presentò un piano industriale ben diverso da quello dei nuovi furbetti del quartierino. Ebbene bastava mettere da parte gli interessi di cui sopra per salvare molti più lavoratori (adesso si parla di 7000 esuberi a fronte dei 2500 di Air France-KLM) , garantire più collegamenti europei e mondiali per i passeggeri italiani e prezzi di gran lunga minori degli attuali, vista la dimensione internazionale dei nuovi proprietari.
Al contrario è stata fatta saltare la trattativa (dopo vari ultimatum posti da Air France e rimandati solo per i litigi tra il vecchio governo Prodi e l’allora opposizione ) per poi riuscire a dire in questi giorni che “…Air-France è scappata ritirando l’offerta…”.
Adesso pur di mantenere le promesse elettorali e far fronte alla disperata situazione di una azienda ormai fallita, sopravvissuta fino a settembre solo grazie al prestito-ponte di 300 milioni gentilmente elargito dalle casse pubbliche dello Stato, sono state bloccate temporaneamente le leggi di mercato (come si può leggere nel bando di vendita della compagnia) per favorire la discesa in campo dei 16 imprenditori, con a capo Colaninno senior.
Proprio Colaninno è la parola chiave per determinare il ruolo dell’opposizione del PD in questa vicenda.
Il paradosso ha voluto che uno dei tanti conflitti d’interesse alla base di questo accordo (ricordiamo che Corrado Passera, presidente di Intesa San Paolo, banca-advisor che ha gestito la vendita di Alitalia dallo Stato alla C.A.I. è allo stesso tempo membro dei 16 acquirenti!!) coinvolgesse proprio Colaninno padre e figlio perché quest’ultimo nelle vesti di Ministro dello Sviluppo Economico del governo ombra del PD, sarebbe l’incaricato a criticare il piano industriale del padre e dei suoi colleghi o quantomeno, ad avanzare proposte alternative. L’imbarazzo della situazione è palese e non necessita ulteriori spiegazioni.
Ad un’opposizione con le mani legate aggiungeteci un’informazione di regime che non sa fare altro che propagandare le decisioni del Governo “del fare”, e il Cocktail Alitalia è servito. Bevete pure.

mercoledì 10 settembre 2008

Liberateci tutti


Alla fine dell'estate rischia di scoppiare un nuovo caso relativo alle carceri sovraffollate. Nel 2006 l'emergenza arrivò in piena estate e si decise di porre rimedio attraverso l'indulto, il più grande errore del governo Prodi. Trattasi di grande errore perché a due anni di distanza la quasi totalità dei detenuti liberati si è macchiata di nuovo di reati ed è tornata in cella. Con un doppio risvolto: i cittadini hanno provato sulla loro pelle la maggiore insicurezza derivante dal provvedimento in questione e come conferma della sua inutilità, l'indulto ha restituito alle carceri quasi lo stesso numero di detenuti.
Le carceri sono sovraffollate? Certo, ci sono troppi detenuti...
E’ la risposta che danno molti esponenti politici senza mai chiedersi però, la cosa più ovvia: sarà mica il caso di costruire nuove carceri?
I detenuti semmai sono sempre il giusto e anzi, in un paese come il nostro dove la giustizia non funziona e si fa di tutto per sfasciarla, i detenuti sono pochi in rapporto a chi delinque e non viene preso.
Un dato su tutti: Inghilterra ed Italia hanno lo stesso numero di detenuti (60.000), ma in Inghilterra per arrestare 60.000 persone sono stati celebrati solo trecentomila (300.000) processi mentre in Italia per arrestare lo stesso numero di delinquenti si sono dovuti celebrare tre milioni (3.000.000) di processi. Dieci volte gli inglesi! Quindi il problema semmai è che le leggi non funzionano e quando lo fanno, invece di pensare a creare nuove carceri per accogliere nuovi delinquenti, si cerca di liberare i posti in quelle che esistono già.
Un problema potrebbe essere la mancanza di fondi per l’edilizia penitenziaria; intoppo che si potrebbe arginare riutilizzando le vecchie e note carceri dell’Asinara e di Pianosa. Carceri note per l’istituzione al loro interno del regime del 41 BIS, così mal sopportato dai boss di Cosa Nostra che lo Stato si affrettò a chiudere i suddetti penitenziari. Atro rimedio potrebbe essere quello di ripristinare l’uso di vecchie caserme dismesse assieme a grossi complessi industriali che necessitano solo di opere di adattamento e ristrutturazione.
In attesa di sviluppi, in molti auspicano la discesa in campo del Ministro della Giustizia Alfano, sempre pronto a scrivere un nuovo Lodo per l’occasione, e pronto a liberare questi poveri incolpevoli detenuti dalle grinfie dei magistrati, altrimenti noti come “metastasi della Giustizia”.
Per ora il Luminare della Giustizia, a distanza di due anni dall’indulto ha trovato la soluzione all'annoso problema del sovraffollamento: ha infatti proposto l'espulsione dalle carceri dei detenuti extracomunitari (circa 3.000) e l'istituzione del braccialetto di controllo per 4.100 detenuti "nostrani".
Riguardo al primo provvedimento bisognerebbe chiedere al Ministro come fare a dare un’ identità sicura e come fare a ricondurre precisamente al loro paese gente che non ha mai fornito dati anagrafici certi e dati sulla propria provenienza da un paese anziché da un altro. Inoltre bisognerebbe chiedere al Ministro come fare per obbligare il paese di origine prescelto (dallo Stato italiano) del detenuto extracomunitario a riaccogliere nelle proprie carceri una persona dalle non note generalità ma soprattutto, dalla non nota provenienza.
Riguardo al secondo provvedimento relativo all’ istituzione del braccialetto obbligatorio per far scontare la pena agli arresti domiciliari ai detenuti “nostrani”, bisognerebbe ricordare il precedente del 2002 al Ministro Alfano. Nel 2002 il suo illustre predecessore Castelli testò il braccialetto con 400 detenuti provocando un esborso per le casse dello Stato pari a undici milioni di euro (11!!).
Bilancio finale dell’esperienza: il braccialetto fu testato solo su 4 detenuti (dicasi 4!!) perché funzionava così bene che bastava tagliare il cinturino e scappare di casa. Oppure bastava scendere in garage allontanandosi dalla centralina collegata telefonicamente con la stazione dei Carabinieri, per causare la perdita del segnale di reperibilità e provocare l’arrivo delle forze dell’ordine allarmate dalla mancanza di segnale e quindi, dalla possibile fuga del detenuto. Perciò il problema del braccialetto sarebbe duplice: problema di costi e di malfunzionamento.
Concludendo penso che si dovrebbe risolvere il problema per sempre o perlomeno, per un lungo lasso di tempo, costruendo nuove carceri allontanando lo spettro di continue emergenze.
Anche se ciò causerebbe un esborso oneroso di denaro pubblico, per una volta sarebbero soldi ben spesi in grado di dare davvero più sicurezza alla gente non soltanto nell’immediato ma soprattutto per il futuro.

domenica 6 luglio 2008

" Sa, io ho paura che lei confonda politica e giustizia.. "


Mi ero ripromesso di non parlare più delle quotidiane gesta del nostro Presidente del Consiglio per non sembrare ripetitivo. Ci ho ripensato e ho deciso di affrontare nuovamente argomento e personaggio in questione, seppur indirettamente.
Oggi ho letto l'editoriale domenicale di Repubblica firmato da Scalfari, dove oltre alle consuete analisi economiche e politiche dello scenario italiano, ho trovato un accenno ad una polemica innescata la settimana scorsa dallo stesso Scalfari contro il suo collega ed ex-dipendente Antonio Polito, attualmente direttore del Riformista.
Quest'ultimo dalle colonne del suo giornale, aveva proposto una sorta di armistizio giudiziario sul caso Berlusconi-magistratura, sostenendo la superiore necessità di salvaguardare la continuità di un governo appena nato, rispetto alla richiesta di giustizia che l'opposizione avanza riguardo il normale decorso dei processi in atto contro il Premier.
Secondo Polito al momento è più importante che il governo resti in carica e svolga il suo compito, piuttosto che ogni cittadino (compreso il Premier) risponda del suo operato di fronte alla legge.
Sappiamo infatti, quanto siano imminenti le sentenze per i due processi in atto contro il Premier a Milano (caso-Mills) e a Napoli (caso Saccà-Rai-vallette).
Sappiamo anche quanto siano imminenti le misure prese dal Governo per salvare Berlusconi da queste sentenze (emendamento blocca-processi e lodo Schifani Bis).
Di parere opposto è Scalfari, che oggi ha ribadito la necessità che il Premier venga processato e risponda del suo operato di fronte alla magistratura.
Nel suo editoriale viene citato anche il sette volte capo del governo Andreotti il quale, accusato di ogni nefandezza, più volte condannato e assolto, ebbe la correttezza e il rigore morale di sottoporsi a tutti i processi che lo riguardarono senza cercare scappatoie o vie d'uscita più o meno incostituzionali per salvare se stesso in nome della presunta urgenza di governare.
Questo è il problema: se Berlusconi avesse davvero a cuore l'incombenza di salvare l'Italia dalla crisi che sta vivendo e se fosse davvero preoccupato dall'urgenza di dare delle risposte al Paese, perchè non ha parlato chiaramente in campagna elettorale delle sue beghe giudiziarie?
Sarebbe bastato dire che vista la necessità di avere un governo stabile, qualora fosse stato rieletto Presidente del Consiglio, avrebbe sospeso i suoi processi per tutta la durata del mandato.
Invece questo non l' ha fatto. Berlusconi ha nascosto a tutti i suoi processi riempiendo la campagna elettorale di emergenze ed urgenze varie in modo tale da essere rieletto e risolvere i suoi personalissimi problemi. Il fair-play di Veltroni ha fatto il resto.
Ed ora ci troviamo di fronte ad un vero e proprio inganno teso agli italiani in nome della necessità di governare.
La mancanza di chiarezza deve far pensare.
Non si può far finta di nulla, che tutto sia nato da un giorno all'altro a causa delle toghe rosse e della magistratura politicizzata.
Tuttavia le due posizioni di Polito e Scalfari possono essere condivisibili, con una "leggera" prevalenza di quella del fondatore di Repubblica per via di un pezzo di carta chiamato Costituzione Italiana.
Volendo ergersi a garanti della legge ed insieme garanti della governabilità di un paese, una soluzione ci sarebbe.
In caso di condanna del Premier, il Parlamento dovrebbe soltanto seguire l'iter normativo e procedere alla rielezione di un membro della maggioranza sancita dal voto popolare come nuovo Presidente del Consiglio.
Sarebbe chiaramente una soluzione di ripiego, ma non credo che l'Italia risentirebbe troppo della guida di Berlusconi e della sua apparente irrinunciabile genialità politica.
In fondo, per sua stessa ammissione, per quale altro motivo sarebbe sceso in politica, se non per tutelare le proprie aziende da fallimenti e bancarotte, e i suoi collaboratori (oltre che lui stesso, ovviamente) da condanne imminenti?
La soluzione, seppur inconsueta e impopolare (vista la proverbiale devozione che lega Berlusconi al suo elettorato) ci sarebbe, basterebbe avere il coraggio di metterla in atto. O meglio, basterebbe adeguarsi e rispettare le leggi. Un’ abitudine ormai fuori moda.
Per una volta l'emergenza continuativa degli ultimi tempi farebbe spazio alla normalità.

venerdì 20 giugno 2008

Il vecchio clima politico

Finalmente si torna alla normalità.
L'opposizione fa l'opposizione e Berlusconi fa...Berlusconi!
Finalmente il Presidente del Consiglio ha gettato la maschera, se mai ce ne fosse stato bisogno, e ha ricominciato da dove aveva finito: le leggi ad personam o leggi vergogna, se preferite.
A dire il vero le prime avvisaglie si erano avute con il tentativo di salvare Rete 4 dal satellite in barba alle disposizioni dell'Unione Europea; si era proseguito con l'editto sulle intercettazioni quindi, si arriva all'emendamento salva-Premier dell'ultima settimana.
Un crescendo culminato in un approdo naturale sul terreno privato del Cavaliere.
Ma l'ultimo emendamento definito salva-Premier ha definitivamente fugato ogni dubbio e perplessità riguardo il nuovo Governo Berlusconi.
Originariamente ancorato saldamente al "crescente allarme sociale", alla "insicurezza della gente", alla "vergogna dei rifiuti", e dopo aver chiuso una campagna elettorale alquanto dimessa, il Governo ha cominciato a manifestare il suo reale obiettivo, quello di sempre: anteporre l'interesse privato di Berlusconi davanti ad ogni altro provvedimento facendolo passare come questione di urgente allarme sociale.
"In tutti gli stati europei il Premier è tutelato giuridicamente nel corso del suo mandato" si affannano a dire gli esponenti della maggioranza.
Verrebbe da chiedersi però se negli altri stati europei un candidato premier si presenti alle elezioni con delle pendenze giudiziarie.
L'opposizione ancora non se lo chiede, ma presto lo farà.
Almeno questa sembra trasparire dalla nuova linea adottata dal PD nei rapporti con il Governo.
Veltroni (finalmente, sarebbe lecito dire!) ha dichiarato che il dialogo sulle riforme con un governo che ha il solo obiettivo di garantire l'impunità di Berlusconi è impossibile.
Pertanto ha annunciato che il PD si opporrà con decisione alle ultime iniziative del Governo facendo ostruzionismo in aula e in autunno scenderà in piazza per manifestare il suo dissenso.
Tornando quindi al tema iniziale circa i ruoli delle forze parlamentari c'è da registrare l'importante inversione di tendenza del PD che peraltro, segue a ruota Di Pietro e l'Italia dei Valori.
Bene fa Veltroni a mantenere aperto uno spiraglio per la collaborazione riguardo alcune riforme per le quali c'è bisogno di convergenza.
Bene fa Veltroni a sbattere la porta in faccia di fronte a leggi palesemente incostituzionali e in continuità con i precedenti governi Berlusconi.
Inoltre questa scelta rafforza e non poco l'identità del Partito Democtratico che evidentemente appariva ed appare ancora poco delineata.
A posteriori risulta vincente e pratica la linea dell'IDV e di Di Pietro che bene faceva a diffidare di Berlusconi nelle vesti rinnovate dello statista.
Vesti che evidentemente gli stanno troppo strette addosso.

sabato 7 giugno 2008

Il nuovo clima politico


Ci risiamo. Ancora una volta Berlusconi sale al potere e non resiste alla vecchia tentazione di utilizzare il suo ruolo per risolvere problematiche personali.
Ancora una volta il leader del PDL attacca alla sua maniera la giustizia e, in questo caso l'utilizzo delle intercettazioni. Era nell'aria da tempo; se Berlusconi fosse riuscito a riconquistare Palazzo Chigi una delle prime riforme avrebbe riguardato le intercettazioni telefoniche usate nelle indagini.
E' vero, l'Italia è il primo paese in Europa alla voce spese per intercettazioni telefoniche.
E' altresì vero che senza l'uso di questo fondamentale strumento investigativo ancora oggi non sapremmo nulla di scandali quali Calciopoli, Vallettopoli e Bancopoli.
Quindi, ci si potrebbe chiedere: perchè viene messo sotto accusa uno strumento così utile e vantaggioso al fine di portare a termine indagini di tale entità? Ebbene, un problema c'è ed è evidente; riguarda la pubblicazione indiscriminata su giornali e periodici che avviene sistematicamente dopo l'ormai solita "fuga di notizie" e che coinvolge spesso vicende personali e di carattere privato dei diretti interessati. Questo aspetto andrebbe sicuramente regolamentato.
Ciò non toglie allo strumento il suo immenso valore.
Mettere al bando l'uso delle intercettazioni telefoniche tranne in caso di indagini attinenti reati di associazione mafiosa e terrorismo è dannoso e aggiunge un' ulteriore macchia alla farraginosa macchina della giustizia italiana. Inoltre, la proposta di introdurre pene di cinque anni di reclusione (5!!) per gli esecutori (magistrati) e per i propagatori (editori e giornalisti) rimanda a decisioni di stampo assolutista e prive di utilità per le istituzioni.
Tutto ciò fa sorgere un dubbio: che stia per scoppiare un nuovo "caso" scottante?
Ma tornando agli ultimi anni, se si è giunti ad una conclusone per le indagini sopracitate lo si deve soprattutto alle intercettazioni che hanno messo in luce aspetti inquietanti e altrimenti indecifrabili.
Così dicevo, Berlusconi cede ancora una volta alla tentazione di assecondare il suo odio verso la magistratura più volte manifestatosi negli anni sotto varie forme.
Altro che pacchetto-sicurezza e sostegno ai magistrati che svolgono il proprio lavoro!!
Qui si tenta ogni giorno e con ogni mezzo di impedire ai magistrati e ai pubblici ministeri di portare a termine il loro lavoro.
Le decisioni e le metodiche usate da Berlusconi nulla hanno a che fare con una "legislatura costituente" o con un "nuovo clima politico".
Piuttosto, ci troviamo di fronte alla poco pubblicizzata "dittatura dolce" basata su dichiarazioni d'intenti costruttive e ai limiti della credibilità ma anche, e soprattutto, su decisioni prese in continuità con i precedenti governi Berlusconi e tese soltanto a proteggere la posizione dominante del Cavaliere.
Non vedo nient'altro dietro alle dichiarazioni odierne del Presidente del Consiglio se non la manifestazione di un odio viscerale verso la magistratura (dettato esclusivamente da vicende personali) e la volontà di nascondere sempre più all'opinione pubblica (già cieca di per se...) le decisioni importanti prese dal Governo in piena autonomia rispetto ad ogni altro organo istituzionale.
Le speranze sono ora rivolte soltanto al Capo dello Stato e al suo alto senso di costituzionalità.
Il potere decisionale dettato dall'ampio consenso elettorale ottenuto dalla maggioranza nelle elezioni di Aprile non farà altro che aggravare la situazione visto che l'opposizione non potrà mai avere speranze di contrastare efficacemente l'azione di Governo nelle aule parlamentari.

venerdì 30 maggio 2008

Mancini e Moratti


Solo ieri, a distanza di due giorni dall'incontro tra il presidente e l'allenatore l'Inter ha ufficializzato l'esonero di Roberto Mancini. Si attende ora soltanto l'ufficialità dell'accordo con Josè Mourinho, nuovo tecnico nerazzurro.
Sullo sfondo una vicenda paradossale con un allenatore, Mancini, che arriva con i crismi del predestinato, voluto fortemente dal presidente e che dopo un digiuno quasi ventennale fa rivivere l'ebbrezza del successo ai tifosi nerazzurri.
In soli 4 anni l'Inter vince 3 SCUDETTI, 2 COPPE ITALIA e 2 SUPERCOPPE ITALIANE. Non male direi.
Ma tutto ciò non è bastato. A Mancini costa caro, almeno ufficialmente, lo sfogo post-Liverpool con la sparata di voler abbandonare la panchina nerazzurra a fine stagione, a prescindere dalla vittoria dall'ennesimo scudetto.
Dico "ufficialmente" perchè credo che questa sia stata solo una scusa per un presidente che dimostra ancora una volta di non saper costruire un progetto vincente e duraturo.
Un presidente che ha la possibilità economica di sovvenzionare i suoi sogni calcistici e lo fa puntualmente senza pensare minimamente alle possibili conseguenze.
Questo esonero rappresenta ormai definitivamente la fine delle speranze di veder cambiare la mentalità di Moratti assieme a quella della società: che si vinca o si perda all'Inter contano i capricci del presidente, i suoi desideri sempre e comunque in barba a qualsiasi logica di spogliatoio, di economia ecc.
E' sorprendente come la storia nerazzurra si ripeta: a parte i vari esoneri dovuti al circolo vizioso - non si vince, allora cambiamo allenatore- è già successo con Simoni che un tecnico vincente che poteva aprire un ciclo venisse mandato via per vezzo peronale.
La domanda è: si può esonerare un allenatore soltanto per uno sfogo (seppur grave, intendiamoci) in un momento comunque difficile per l'eliminazione dalla Champions?Contano più i successi o le parole anche se inopportune?
La logica non c'è quindi...

giovedì 29 maggio 2008

Marco Travaglio e l'informazione in Italia


Il caso-Travaglio, scoppiato in seguito alla trasmissione di Fabio Fazio su Rai 3, ha riportato alla luce il problema dell'informazione in Italia.
Ultimamente abbiamo assistito anche alla discussione nelle aule parlamentari sulla proposta di legge avanzata dal Governo tesa a recepire ed attuare le disposizioni dell' Unione Europea in materia televisiva.
Proprio questi due episodi di natura diversa hanno una causa in comune: l'Italia non è un paese del tutto libero nel campo dell'informazione.
Quando un giornalista si documenta,
cita delle fonti ed infine trae le dovute conclusioni non fa altro che svolgere il suo mestiere.
Informa la gente, i lettori di fatti che probabilmente ancora non si conoscono.
Tutto ciò in Italia sembra illegittimo. E ciò che colpisce maggiormente è che il polverone di commenti in reazione alle affermazioni di Travaglio punta soltanto a prevaricare, diffamare e sbugiardare un professionista che cerca di fare il suo mestiere. Si cerca di colpire la forma e non la sostanza, la persona e non le tesi.
In definitiva si fa di tutto anzichè cercare di confutare nel merito ciò che dice Travaglio.
Avete fatto caso ai commenti?
Non un esponente politico (sia a destra ma ahimè, anche a sinistra col PD in testa) che si sia posto la domanda: ma Schifani ha avuto realmente rapporti con quella gentaglia?
Ma anche: se si, è giusto che ricopra il ruolo di seconda carica dello Stato? Silenzio.
Ed ecco tutti pronti a demonizzare il giornalista fazioso (dichiaratamente nè di destra nè di sinistra, almeno in Italia), il giornalista che cavalca l'onda del successo mediatico costruito sulla maschera del moralista stipendiato dai suoi stessi accusati.
Come già detto, parlare della forma per scartare i contenuti.
In modo che la gente resti nell' oblio dell'informazione di regime che si auto-pubblicizza e sponsorizza, e ascolti le opinioni e non i fatti.
Ciò che ho affermato precedentemente è facilmente deducibile dal fatto che le accuse a Schifani sono già contenute in un libro scritto dallo stesso Travaglio a quattro mani con il collega Peter Gomez tempo addietro.
Quindi, fin quando la vergogna resta "patrimonio" di pochi meglio tacere e bollare il tutto come uno vocio che non merita attenzione, ma quando viene recepita da due-tre milioni di persone allora il problema si pone e bisogna "correre ai ripari".
Tornando al parallelo con la vicenda-Rete 4 degli ultimi giorni, anche lì si è cercato di infilare un provvedimento teso a mantenere intatto il mercato televisivo italiano e, cosa ancor più grave, a mantenere Rete 4 al suo posto non adempiendo alla direttiva della U.E. che dà il diritto ad Europa 7 di trasmettere sulle frequenze occupate (abusivamente ormai) dall'emittente di Fido Fede.
Anche questa vicenda ribadisce la necessità di risolvere il problema dell'informazione in Italia ed immediatamente.
Si è cercato invece, di mascherare il problema riducendolo a vezzo provocatorio quanto anacronistico dell'opposizione; si continua a dire che il Paese ha altre necessità come gli inceneritori, i rifiuti, l'energia e il nucleare...
E intanto si fa di tutto per nascondere il problema ancora una volta e mantenere lo status quo che ha giovato (alle recenti elezioni), giova e gioverà al Presidentissimo...