martedì 11 novembre 2008

Obama dè noantri


Subito dopo le elezioni americane (ma anche prima) è partita la corsa a chi assomiglia di più a Barack Obama. Chi gli è più amico? Chi ne condivide di più progetti e idee? Chi più gli assomiglia per gli slogan, per i modi di fare? Un precursore degli obamisti è stato sicuramente Walter Veltroni.
Lo scorso aprile in piena campagna elettorale, si affannava a ripetere lo slogan dell’americano, “Yes, we can” e come controcanto, giusto per essere bipartisan, neanche nominava il nome “del principale esponente dello schieramento a noi avverso”.
Allora Obama era ancora impegnato contro Hillary Clinton nelle primarie per l’elezione del candidato democratico alla presidenza; allora come oggi, visti i risultati italiani, Obama si sarà reso sicuramente protagonista di chissà quali scongiuri e avrà pregato Veltroni, se possibile, di evitare paragoni futuri. Paragoni appunto, che hanno la consistenza di un castello di sabbia.
Tanto per cominciare, Obama ha nominato eccome sia il “principale esponente dello schieramento a lui avverso”, sia il nome dell’attuale Presidente.
Ha fatto nomi e cognomi del principale colpevole della situazione economica e estera degli U.S.A. (George W. Bush) e ha nominato eccome il candidato repubblicano John McCain. Lo ha fatto proprio per marcare le differenze abissali tra le politiche degli stessi e i suoi progetti futuri. Lo ha fatto per sancire una netta linea di demarcazione tra il vecchio e il nuovo, tra la continuità repubblicana di McCain e la discontinuità democratica da lui rappresentata.
Insomma, ha inchiodato Bush alle proprie responsabilità e ha evidenziato le proprie differenze con McCain. E’ riuscito a rappresentare la vera alternativa a quel tipo di politica, la gente ha capito e lo ha votato.
Per esempio, Obama vuole allargare la prestazione sanitaria di base a tutti i cittadini, mentre finora è stata un lusso per pochi e non un diritto per tutti.
Per esempio, Obama vuole dare libero accesso alle università a tutti coloro che se lo meritano e non solo a coloro che possono permetterselo, economicamente parlando; vuole fare ciò attraverso una riduzione delle tasse universitarie ormai altissime.
Per esempio, Obama vuole invertire i dati occupazionali attuali (negli U.S.A. la disoccupazione è arrivata al 6.5 %) e riportare le retribuzioni a livelli più alti: vuole farlo reintroducendo il salario minimo garantito.
Per esempio vuole tassare maggiormente il Captail Gain (rendite finanziarie) frutto di speculazioni borsistiche e redistribuire questo plusvalore tagliando le tasse a cittadini meno abbienti (la maggioranza, la gente comune), piccole imprese e case automobilistiche (in forte crisi, anche se è lecito chiedersi se si è arrivati o si arriverà a breve, ad una saturazione del mercato automobilistico).
Per esempio, ha fatto finanziare la sua campagna elettorale alla gente comune che ha donato 5-10-20 $ dal suo sito internet, al contrario di McCain che come tutti gli altri candidati del passato ha alle sue spalle i finanziamenti delle grandi multinazionali americane; ciò vuol dire avere le mani libere per prendere le proprie decisioni senza dover avere come principali referenti gli “sponsor” americani. Sono nette quindi, le differenze tra gli ex-candidati americani.
Per esempio, in Italia non si può dire lo stesso.
Veltroni e Berlusconi dicevano quasi le stesse cose in campagna elettorale con la sola differenza che Veltroni aveva da smaltire l’eredità dell’armata brancaleone del governo Prodi, mentre Berlusconi non faceva altro che evidenziare i litigi che avevano fatto cadere il governo e parlare dell’incremento delle tasse, effettivamente avvenuto seppur per cause indipendenti da quel governo. Insomma, Berlusconi aveva il vento in poppa e Veltroni soffiava a favore.
Ecco, un po’ come se Obama non avesse neanche nominato “il principale esponente dello schieramento a lui avverso”…

venerdì 7 novembre 2008

Qui niente è impossibile


Il 4 novembre 2008 è una data che passerà alla storia.
Non è retorica , ma è la semplice constatazione che è avvenuto un cambiamento storico.
Non è possibile fare a meno di notare che con l’elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d’America si è abbattuto uno degli storici tabù sociali, quello razziale: essendo infatti il primo Presidente nero della storia, è essenziale marcare il segno sul colore della pelle essendo la prima volta che avviene ciò. Quando si ripeterà con una certa regolarità, allora si potrà fare anche a meno di mettere l’accento sul fattore razziale. Per ora no, bisogna farlo.
Come detto quindi, proprio il motivo razziale deve aver spinto buona parte degli elettori a votare per lui.
Una sorta di riscatto collettivo per una comunità, quella dei neri d’America, da sempre bistrattata e solo da qualche decennio al centro della vita sociale. Obama ha saputo incarnare il diffuso risentimento di quella parte della società americana che arrivò sul suolo statunitense 400 anni fa incatenata come bestie.
Come ricordava ieri Vittorio Zucconi, editorialista di Repubblica, Obama diventerà il padrone di casa di quella Casa Bianca costruita 200 anni fa dai suoi antenati neri per accogliere intere generazioni di presidenti bianchi. Ora no, ora le cose sono cambiate. Sarà un Presidente nero ad accogliere Capi di Stato e delegati di paesi stranieri per decidere assieme le decisioni sul futuro del mondo.
Accanto al motivo razziale vi è senz’altro la crisi finanziaria ad aver accelerato l’ascesa di Obama.
Il nuovo Presidente ha saputo incarnare il sentimento diffuso nella maggior parte dei cittadini americani di odio e riscatto verso l’elite finanziaria, i grandi manager delle grandi banche arrichitesi a dismisura sulle spalle dei lavoratori dipendenti sempre più sull’orlo del baratro.
Le proposte di Obama sono fortemente mirate a tracciare un filo di discontinuità con le politiche di Bush.
Politiche che hanno portato buona parte dei cittadini americani a perdere il posto di lavoro e a non riuscire a pagare più le rate dei mutui salite ben al di sopra delle loro possibilità economiche ma, ad avere la possibilità di poter possedere ognuno un’arma propria, perché a costo di questa libertà l’americano medio è disposto a pagare qualsiasi prezzo.
Affianco a tutto ciò, manager con stipendi sempre più alti frutto di speculazioni senza freni in Borsa, derivanti dalle politiche di “deregulation”, del mercato lasciato libero di autoregolamentarsi mentre si allargava a dismisura la forbice di ricchezza tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.
Una crisi questa, che si sta allargando a macchia d’olio anche in Europa e anche all’economia “reale”, che non riguarda più solo quella “virtuale” in Borsa. Perché se le aziende quotate perdono denaro investito a “vuoto”, poi sono costrette a ripescare quel denaro perso tagliando stipendi, posti di lavoro. E se aumenta la disoccupazione si riducono i consumi perché la gente non ha più soldi da spendere, diminuisce la domanda e quindi la produzione e l’economia dei paesi non cresce.
Questa è la più grande sfida del nuovo Presidente. Far ripartire l’economia e ridare il “sogno” agli americani.
Il “sogno” di poter sempre sperare di realizzare qualcosa di importante partendo da zero e puntando solo ed esclusivamente sulle proprie capacità, come è scritto sulla biografia di Obama, cresciuto senza genitori, ma capace di laurearsi sfruttando tutte le possibilità che un grande paese come l’America offre a chi ha voglia di fare.
Un altro grande “uomo del fare” italiano, che va in giro fregiandosi di parlare a nome di tutti gli italiani ha accolto l’elezione di Obama con un bel “complimento”: “ E’ giovane, bello e abbronzato ”.
Bene, io non mi sento rappresentato da una persona che dice queste cose ed è l’immagine italiana nel mondo. Io non penso queste cose e non le pensano almeno altri 1200 italiani.
Un altro affiliato al club italiano “del fare” ha pensato bene di non smentire, né scusarsi dopo aver detto che “Al Queda sarà più contenta se Obama verrà eletto”, soltanto perché McCain rappresenterebbe meglio l’ideale di un Presidente-poliziotto, essendo stato soldato in Vietnam, capace di combattere efficacemente il terrorismo.
Non credo ci sia bisogno di commentare tali affermazioni anzi voglio porre l’accento davvero sul personaggio McCain. Dopo la sconfitta elettorale ha ribadito di fronte ai suoi stessi elettori e alla Nazione intera che “Obama è stato più bravo di me. Obama è il mio Presidente, il presidente di tutti”.
Questa è la vera immagine dell’uomo McCain, non quella distorta data da qualche rappresentante del club sopracitato. Club che si affanna a dire in queste ore che bisogna aspettare Obama al varco, vederlo di fronte alle prime difficoltà, che deve mantenere le promesse fatte.
Lui (Obama) dice che nulla è impossibile. Che tutto si può fare. Yes, we can.

martedì 4 novembre 2008

A volte ritornano ...


“Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d' autore. La giustizia, la tv, l' ordine pubblico. Ho scritto tutto trent' anni fa.”
(REPUBBLICA – AREZZO, 28 SETT 1993)

“Sul Piano di rinascita democratica l'unico che può andare avanti é Berlusconi”.
(ANSA - FIRENZE, 31 OTT 2008)

Parole e musica firmate Licio Gelli.
Passano gli anni ma resistono piani di rinascita, venerabili maestri, poteri più o meno occulti.
Ho sempre avuto la curiosità di capire cosa fosse la P2 e quali fossero gli obiettivi che si proponeva di raggiungere. Ho colto l’occasione di leggere il Piano di Rinascita Democratica in questi giorni durante i quali ha destato clamore l’arrivo in prima serata tv di Licio Gelli.
Ancor più clamorose sono state le dichiarazioni che il Venerabile Maestro ha fatto circa l’attuazione del Piano di Rinascita Democratica e il collegamento con l’attuale governo.
L’obiettivo primario della Loggia segreta Pubblicità 2 era di costituire un club formato da 30-40 persone con le mani in pasta su vari livelli della vita italiana ma, soltanto i migliori nel loro campo (imprenditori,politici,magistrati, operatori finanziari, amministratori pubblici), con ognuno capace di ”dettare legge” all’interno del proprio settore.
Il piano era Democratico perché non voleva in alcun modo che accadesse un rovesciamento del potere istituzionale a mo di golpe ma, prevedeva lo svuotamento dall’interno della democrazia attraverso l’affiliazione al club di soggetti sempre più influenti sul panorama nazionale per arrivare infine (attraverso una catalogazione dettagliata di obiettivi a breve, medio e lungo termine) a governare il paese. Tutto ciò in modo tale da perpetuare, quantomeno, l’influenza dei componenti del club nell’elite del Paese, lasciando il sistema di potere sempre nelle stesse mani.
Tutto in linea con la legge, tutto in modo occulto senza alcun colpo di Stato.
Tutto attraverso una sottile ragnatela fittissima partendo dal mondo politico, passando per stampa e sindacati con fine ultimo il consenso dei cittadini.
La cosa sconcertante è che i punti da attuare contenuti nel Piano sembrano specchiarsi nell’agenda politica dell’attuale governo, per stessa ammissione dell’ottimo Gelli .
Quindi scrivo sconcertante e non sorprendente, vista l’attualità delle esternazioni riportate sopra.
La loggia si proponeva di selezionare esponenti del campo politico e distribuirli in tutti gli schieramenti di destra e sinistra per controllare l’intero panorama politico: accanto ai “politici scelti” dovevano esserci i “giornalisti scelti”, mezzo di propaganda e dichiarati simpatizzanti dei primi, utili se non altro a costruirgli un’ immagine ottima.
Riguardo i sindacati bisognava cercare di marcare le divisioni e i contrasti fra le opposte fazioni interne in modo da scatenare lotte intestine che avrebbero portato prima o poi allo scioglimento o alla perdita di credibilità degli stessi dinanzi ai lavoratori.
Ma è proprio riguardo la “rinascita politica” che il piano presenta degli aspetti molto attuali: infatti qualora un componente della loggia fosse riuscito ad essere eletto a capo del governo, il piano si sarebbe semplificato enormemente perché l’obiettivo di lungo termine (il consenso dei cittadini) sarebbe stato raggiunto senza la stesura dell’articolata tela di rapporti di cui sopra.
E’ noto come il Presidente Berlusconi fosse all’interno della loggia, possedendo la tessera P2 numero 1816. Che bella accelerata che ha subito il piano eh! Seppur con 30 anni di differita, ma ci siamo ormai!
Infatti: per i magistrati si proponeva (e si sta proponendo) di introdurre esami psico-attitudinali per l’accesso alla professione oltre che la responsabilità civile (per colpa) di coloro che avrebbero sbagliato.
Riguardo la Pubblica Amministrazione si proponeva (e si sta proponendo) di pagare parte delle pensioni dei dipendenti statali (la P2 era più drastica, il provvedimento riguardava gli stipendi) in buoni statali (BOT) quotati al 9% e non commerciabili per 2 anni.
Riguardo la stampa si proponeva (oggi, sembra quasi anacronistico ripeterlo) di acquisire mezzi di informazione dominanti nel paese (L’Espresso, Panorama) e creare una tv via cavo (Canale 5 nacque così e sappiamo a chi è in mano da sempre) per soggiogare l’opinione pubblica sotto le proprie idee di restaurazione e mantenimento del potere.
Riguardo le norme della Giustizia si proponeva (e si propone or ora) la separazione delle carriere tra P.M. (che indaga) e Giudice (che decide in base agli atti da lui stesso raccolti, in veste di P.M., o consegnatigli da terzi); la responsabilità del Ministro della Giustizia sull’operato del P.M. (pensate se Alfano fosse responsabile e controllore del pool di Milano: credete che le indagini sinora svolte su Berlusconi si sarebbero compiute ugualmente, con il P.M. e i giudici morsi alle caviglie dal Ministro ad personam?); infine, la riforma del C.S.M. direttamente controllato e responsabile di fronte al Parlamento (risultato: cancellazione totale dell'autonomia della Magistratura con conseguente unione e commistione tra potere legislativo e potere giudiziario, insomma roba da terzo mondo).
L’attualità dei temi e delle proposte è palese tanto da dover ammettere che le affermazioni di Gelli non possono essere campate per aria, bensì sono fatte con cognizione di causa.
Ecco perché sostenere che la P2 oggi è al Governo non è poi così azzardato se guardiamo nel merito delle cose.