lunedì 14 febbraio 2011

La relativa importanza del privato

anche su Malitalia

“E’ il governo che può svuotare le nostre tasche, sbatterci in galera, far passare un’autostrada nel nostro cortile o mandarci in guerra” scriveva Bill Moyers, un documentarista americano, nel 2004.
Eppure la tendenza a considerare i gusti dell’opinione pubblica sempre più rivolti verso lo spettacolo e sempre meno verso le argomentazioni più eminentemente politico-sociali, è soprattutto un pensiero della stampa stessa. Il pubblico vuole più spettacolo, meteo, info sul traffico e molta meno informazione su pensioni, tasse, lavoro, ambiente, temi impegnativi da seguire in maniera partecipativa e non passiva. Quindi, se i giornali vogliono guadagnare ed essere popolari devono assecondare i gusti del pubblico.
Così, quando nel 1998 si venne a sapere della relazione segreta tra Bill Clinton e la sua stagista Monica Lewinsky, ...
... i principali giornali americani (ad eccezione del New York Times) trattarono ampiamente la notizia. Il solo Washington Post dedicò 160 articoli, 35 editoriali e 230 foto allo scandalo sessuale del Presidente degli Stati Uniti. Le televisioni, con l’ausilio delle immagini fecero ancora meglio.
Eppure tutta questa attenzione verso il gossip e la vita privata del Presidente Clinton era stata richiesta dall’opinione pubblica? Gli americani volevano davvero venire a conoscenza dei particolari del Presidente adultero? O i giornali e le tv, per un eccesso di zelo verso le presunte aspettative del pubblico, hanno rinunciato al loro ruolo e hanno cercato di assecondare quelli che sarebbero potuti essere i gusti degli americani? Una ricerca postuma ha dimostrato che:
- solo il 35% dei cittadini intervistati apprezzava il lavoro svolto dai media sulla vicenda Clinton-Lewinsky;
- circa il 70% aveva una criterio di giudizio su “ciò che è notizia” ben diverso da quello dei giornalisti. E’ la percentuale di coloro che pensavano piuttosto, che andassero rese pubbliche tematiche come evasioni fiscali, o falsificazioni delle carriere accademiche dei politici;
- solo il 23% pensava che fosse necessario scrivere e parlare delle relazioni extra-coniugali del Presidente;
- infine, ben il 60% degli intervistati non pensava che Clinton (che ammise tutto pubblicamente, senza mentire agli elettori) dovesse dimettersi.
Questi dati servono ad evidenziare il tradimento della loro missione di servizio pubblico e sociale, da parte dei giornali d’informazione e della loro contemporanea perdita di credibilità. Inoltre, la stampa non era neppure riuscita ad ottenere le dimissioni del potente di turno (Clinton), perdendo anche quel ruolo di “watchdog”, quella funzione di cane da guardia della politica che la stampa dovrebbe ricoprire a nome dell’opinione pubblica.
Gli americani si sono dimostrati più maturi di quanto fossero considerati tali dai media. Questi invece hanno cercato di intercettare i gusti del popolo in maniera maldestra, proponendo il racconto di vicende intime e personali, nella speranza di far immedesimare e appassionare un pubblico che forse non conoscevano più. Infatti non ci sono riusciti.
Infatti i cittadini volevano trovare sui giornali d’informazione le vicende di interesse pubblico, non molto altro. Con tutta evidenza, pensavano che le vicende scandalistiche dovessero essere relegate a questioni personali, di livello più basso e destinate ad essere trattate da altri tipi di periodici. Questo era il pensiero del popolo, dopo il sex-gate americano.
Probabilmente questo atteggiamento è uno dei frutti di una democrazia veramente matura, con alle spalle quasi 250 anni di crescita culturale e sociale.
Al contrario, in Italia l’ampio spazio dedicato dai media alle vicende di cui tutti siamo a conoscenza, denota una scarsa maturità democratica dei media e una bassa crescita del sentimento civile del popolo che si sente più attratto dal Ruby-gate, che dalla notizia di 1 giovane su 3 senza lavoro. Insomma, i giornali sembrano rispondere ad una “domanda” dei lettori. Perciò forse sessant’anni di Repubblica non sono stati sufficienti per sviluppare un senso civile ampiamente condiviso. E fino alla prossima ricerca sui gusti dei lettori italiani, questa rimarrà la fotografia più fedele della loro domanda di informazione.
Sempre che tutto ciò possa ancora interessare ai giornali italiani, se non vorranno prima o poi arrivare a chiedersi: per quale strano motivo una persona dovrebbe andare in edicola, pagare 1 euro ed essere anche fiera di leggerci?

Nessun commento:

Posta un commento

Eccoci qui, ora sentiamo cosa hai da dire.
Hai qualche segnalazione o riflessione esterna all'argomento dell'articolo? No problem, libertà e rispetto. Non pubblico però offese (se non divertenti o estreme), insulti e minacce (che mi riservo di segnalare all'autorità giudiziaria). Ah, i commenti sono da me moderati.
Insomma cerca di fare del tuo peggio, mi raccomando.