venerdì 11 febbraio 2011

Berlusconi, l’F.B.I e Martin Luther King


Quando Martin Luther King lottava in America per affermare i diritti dei cittadini di colore, Silvio Berlusconi aveva venticinque anni e costruiva palazzi a Milano per quartieri da mille abitanti. I due certamente non si conoscevano, ma già allora c’era qualcosa che li univa: la passione per le donne. Senza alcuna differenza tra prostitute o consenzienti, per entrambi tutto era lecito.
Era il 1961 e King era un pastore americano di colore, cultore della Bibbia e predicatore del verbo di Dio. La sua battaglia civile per l’affermazione dei diritti dei neri d’America stava riscuotendo grande favore sia nella popolazione, sia nel mondo dei media americani. Un suo presunto coinvolgimento in storie di sesso a pagamento sarebbe stato un inconveniente non da poco agli occhi dell’opinione pubblica. Una sicura perdita di credibilità che si sarebbe ripercossa senza appello sulle sue battaglie civili.
Eppure la vita disordinata di King non era un mistero. Le sue frequentazioni poco commendevoli con prostitute e i suoi continui adulteri (era sposato), erano ripetuti. E i suoi detrattori, a partire dalla Polizia americana per arrivare ai Repubblicani al governo fino al 1964, non aspettavano altro. Uno scandalo di stampo morale per sbugiardare il predicatore evangelico, che osa sfidare lo status quo proponendo stessi diritti per bianchi e neri.
Così l’F.B.I. comincia a pedinare Martin Luther King e costruisce un dossier con foto, intercettazioni ambientali, dettagli scabrosi e pagine fitte di dati, orari e spostamenti. Si serve di prostitute ingaggiate e pagate per incastrare il pastore. E, last but not least, cerca di “passare” tutto il materiale ai principali quotidiani e periodici del Paese.
Martin Luther King tradiva ripetutamente la moglie. Citava la Bibbia, ma  frequentava prostitute. Le notizie erano tutte vere e col timbro dell’autorità (l’F.B.I.). Newsweek, New York Times e Los Angeles Times avevano per le mani uno scoop clamoroso.
Eppure tutti i giornali rifiutarono le carte. Il dossier non venne pubblicato da nessuno.
Questa non era politica, la sua condotta di vita privata non andava ad inficiare minimamente la credibilità e la necessità della sua battaglia civile per l’ottenimento dei diritti di cittadinanza da parte delle persone di colore negli U.S.A. Era questa la sentenza inappellabile dei media americani.  
Oggi, nell’Italia di Silvio Berlusconi, succede che tutto ciò che trapela dalle dichiarazioni della escort di turno, finisce sui giornali. Prescindendo dai possibili reati di tali frequentazioni, esiste o meno in Italia una distinzione tra pubblico e privato? Dove finisce la politica e dove comincia la vita privata?
Insomma, in America i giornali rifiutarono storie di sesso per continuare a parlare di temi politici più importanti come diritti civili, pensioni, lavoro e tasse. Invece in Italia siamo autorizzati a pensare che si parli di Ruby anche (ma non solo, vista la possibile presenza di reati di rilevanza pubblica) per la totale assenza di politiche economiche e di temi prettamente politici. Si scrive del privato di Silvio Berlusconi anche per l’assenza di provvedimenti politici, quindi pubblici, del Presidente del Consiglio. Che la totale assenza di temi politici dal dibattito pubblico, sia la causa della presenza continuativa delle vicende private di Silvio Berlusconi sui media?
Non bisogna però ignorare lo scenario di oggi nell’informazione globale. Nel 1961 non c’era la concorrenza spietata tra tv, giornali, quotidiani, periodici e siti internet che esiste nel 2011. Oggi anche il particolare del bunga-bunga può riscuotere un successo popolare uguale se non superiore, alla notizia della telefonata del Premier in questura per far sfuggire una minorenne marocchina al controllo della Polizia Italiana. Può capitare che l’attenzione si sposti maggiormente sul bunga-bunga (privato), che sulla gravità di un possibile reato, o abuso di potere (pubblico). Tutto questo a causa di una concorrenza che porta a pubblicare un qualsiasi elemento di novità, anche se parziale, anche se poco verificato, per accaparrarsi l’audience e i lettori dei concorrenti. A tutti i costi, anche a scapito della professionalità e della credibilità del mestiere. Argomentazioni che in America, nel lontano 1961, si sono ricordati cosa fossero.

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