lunedì 15 ottobre 2012

La 'ndrangheta di pomeriggio



Mercoledì pomeriggio, orario postprandiale, studio scintillante, all’apparenza ben poco avvezzo a fatti di sangue, e dichiaratamente lontano dalla pratica del cosiddetto racconto morboso di fatti di cronaca. Eppure proprio lì, al Cristina Parodi Live, su La7, va in scena la storia di Luigi Bonaventura, pentito di ‘ndrangheta che si sente tradito dallo Stato.
Come per evitare di cadere in tentazione, si fa subito a meno di avere ... 

il mostro in studio, e il racconto della vicenda si sposta direttamente a casa sua, località protetta per definizione. Bonaventura è infatti un ex boss, designato a raccogliere l’eredità del padre, capo-cosca di Crotone. Dopo essere cresciuto nell’ambiente che tutti possiamo immaginare, ed essersi macchiato di qualche omicidio, decide di cambiare vita.
Ma alla ‘ndrangheta non si rassegnano le dimissioni, e il padre non la prende bene. I due hanno addirittura uno scontro a fuoco, dal quale il figlio capisce che è meglio fuggire, per cercare comprensione altrove, negli uffici di ben due procure. Queste gli credono, gli assegnano una scorta, e lo mandano in una località protetta, tale almeno fino a quando lui stesso si rende conto di essere circondato da vecchie conoscenze, non più gradite.
“Sanno tutti dove mi trovo e temo per i miei figli, ai quali volevo e voglio dare ancora un futuro diverso”, dice Bonaventura ad un inviato senza volto né nome. La sua voce, che si incrocia solo con quella della moglie Paola, non lasciano spazio alle domande del giornalista. La scelta pare quando mai azzeccata, e pur non volendo ripetere la retorica de “i fatti parlano da soli”, la storia del pentito in fuga dal suo passato non sembra richiedere davvero la presenza esplicita del botta e risposta.
La voce fuori campo che, come accade di solito, andrebbe a riallacciare i fili della testimonianza raccolta, qui non c’è, e ne beneficia il ritmo del racconto, spezzato soltanto dall’inevitabile emozione suscitata nello spettatore da espressioni come questa:”Come si possono fare i complimenti al proprio figlio, che ritorna dopo aver compiuto il suo primo omicidio? Ecco, questo è successo a me”.
Così, a prescindere dalla legittima opinione che ognuno di noi può formarsi ascoltando un ex assassino ora pentito, bisogna riconoscere che Parodi Live è riuscito ad affrontare dinamiche mafiose e fatti di sangue, durante un tranquillo pomeriggio di metà settimana, senza urla, processi alle intenzioni, e minute analisi che al cospetto, sembrano ormai aver fatto il loro tempo. Per giunta, adoperando un viatico risoluto, quanto difficile da maneggiare: il racconto diretto, senza mediazione esplicita del giornalista, qui assente, ma certamente autore del collage di dichiarazioni registrate.
È stato un lampo che ha presagito un tuono, oppure si tornerà indietro al tradizionale dibattito in studio tra esperti e opinionisti, divisi finanche dalla quantità di globuli rossi contenuti nella goccia di sangue, rinvenuta sulla scena del crimine di turno? Quale delle due tipologie di racconto preferite? Esistono o no dei rischi, a mettere un microfono sotto il naso di un pentito, lasciandolo libero di raccontarsi?



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