sabato 14 febbraio 2009

Liberi di scegliere

Breve premessa: non intendo dare giudizi di carattere personale su una vicenda tanto dolorosa quanto privata come quella di Eluana Englaro.
Era di cattivo gusto entrare nella sfera privata di una famiglia devastata dal dolore prima e durante gli ultimi accadimenti, lo è ancor di più oggi dopo la sua morte.
Nell’Italia divisa tra opposte tifoserie e rappresentata da capi-ultrà di varia estrazione ci hanno fatto credere che si erano creati due opposti partiti, uno “per la vita” e uno “per la morte”.
E’ evidente la bieca strumentalizzazione della vicenda e l’inconsistenza di tali affermazioni tese a semplificare il tema del diritto alla vita come quello del diritto alla morte, attinenti piuttosto alla coscienza singola di ognuno di noi che alle opinabili convinzioni di altri.

Ecco dunque l’esigenza di una legge sul testamento biologico, ovvero sulla libertà dovuta o presunta che avremo o dovremmo avere (in un futuro prossimo, si spera) di decidere da vivi, a quali terapie artificiali vorremo essere sottoposti per essere mantenuti in vita, nel malaugurato caso ci trovassimo nel mezzo del dramma di una vita ormai compromessa.
Perciò, proprio adesso che è venuta meno l’assoluta urgenza dettata dal caso di Eluana, si dovrebbe fare il possibile per scrivere una buona legge in grado di assicurare la certezza della volontà del paziente in questi casi-limite.
Lo snodo della discussione sulla nuova legge verte sulle terapie di idratazione ed alimentazione forzate sul paziente che, nel nuovo disegno di legge vengono considerate obbligatorie.
Una legge concepita per assicurare una serena libertà di scelta su come e quando terminare la propria vita dignitosamente, in realtà obbliga il paziente ad essere mantenuto in vita.
Per essere chiari, si vuole obbligare il paziente a subire un’incisione col bisturi sulla bocca per introdurre il “sondino” di alimentazione ed idratazione e praticare queste terapie sine-die, senza un termine preciso se non quello di un possibile risveglio tra 20-30-50 anni, chissà.
Ora al di là dell’aspetto legale, del diritto, si deve riflettere sulla dimensione umana; si può pensare o no di potere disporre della propria vita come meglio si crede o bisogna per forza essere schiavi di una tecnologia sempre più in evoluzione e sempre in grado di spingere oltre la vita delle persone in quello stato (come Eluana) per chissà quanto tempo ancora?
Capisco quanto possa essere difficile in Italia occuparsi di queste vicende trovandosi per strada un ostacolo come la Chiesa, capace un giorno di benedire la divisione tra Stato e Pontificato e l’altro di tentare (perlomeno) di intimidire le decisioni di un Governo intero se non del Capo dello Stato.
Ma difficoltà a parte, è possibile sacrificare la libertà individuale di ogni cittadino sull’altare di intimidatorie politiche vaticane?
Che cos’è lo Stato se non il laico garante della libertà privata di ogni cittadino?
Questi interrogativi sono l’unico lascito positivo di una vicenda dolorosissima che per una volta, ha costretto tutti a porsi serie domande sulla propria vita, mediante coscienza. Era ora.

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